"I Don Chisciotte" Prima puntata: L'Orto dei Tu'rat.



I Tur'at

Non so se è più un racconto o più un viaggio, forse è  tutti e due, viaggio in più tappe, o per voi che leggete, racconto in più puntate. Viaggio dove ho scoperto e conosciuto chi resiste, chi coltiva la terra in maniera arcaica, chi la strappa all’erosione del cemento, chi al dissesto idrogeologico, chi la lavora rispettando l’equilibrio naturale, chi alleva e munge a mano, chi trasforma i prodotti di ogni origine secondo canoni dimenticati, ma con le conoscenze 2.0, oppure chi produce acqua naturalmente, dove l’acqua non esiste. Seguendo questo viaggio vi racconterò come questi novelli Don Chisciotte lottano e resistono quotidianamente contro elementi naturali e non, affrontando la madre di tutte le battaglie, quella contro la burocrazia e l’ignoranza di chi la gestisce.


Prima puntata: L’orto dei Tu’rat.

Non preoccupatevi, non vi parlerò di un fondo coltivato appartenente ad una nobile famiglia mediorientale, come qualcuno maldestramente l’ha definito, ma dell’idea fatta materia di due dei personaggi più visionari e donchisciottiani da me mai conosciuti. Mino Specolizzi e Piero Gatto li ho incontrati a Lecce, all’Unisalento, ai margini un seminario sul crowdfunding. Lì, mi hanno raccontato del loro progetto e della loro visione: produrre acqua per le loro piante senza macchine e senza pozzi, senza alambicchi e senza tubi. Pietre, solo pietre. Pietre posizionate a mezzaluna sul terreno, collocate a quinta teatrale, frutto dell’intuizione loro e di uno scenografo (Enrico Lo Maestro) prestato momentaneamente all’agricoltura. Sono pietre installate a Libeccio, a 230° a sud-ovest, capaci di carpire questo vento umido e tramutarlo in acqua invisibile o precipitazioni occulte come dir si voglia, ma la loro funzione è questa: condensatori di aria umida. Esperimento  personalissimo legato anche ad un aspetto artistico della cosidetta “land-art”
Il Progetto
Tutto in nome della ricerca dell’acqua in maniera ecosostenibile, in un luogo (Ugento LE) dove l’acqua è cosa rara, dove le piogge lo sono altrettanto, dove la media annuale delle precipitazioni è in linea con quelle delle regioni desertiche del nord Africa. E allora questo muratore urbanizzato (Mino), colto, con un back-ground di studi di antropologia e archeologia e con in dote una grossa porzione di terra da non abbandonare, ha deciso di dare vita a questo progetto da moderno sciamano. Ecco che nel 2008 nasce l’associazione culturale “L’orto dei Tu’rat”. Uno fra i principali scopi che si prefigge l'Associazione è quello di realizzare materialmente un complesso eterogeneo ed organico di strutture ed infrastrutture che permettano alle specie e varietà arboree la crescita senza apporto meccanico di acqua, senza che l'uomo continui ad estrarla dal sottosuolo.

Tutto questo perché crediamo in una nuova e strategica possibilità di creare paesaggio e sostenibilità del mondo vegetale ad impatto ambientale zero.



Il progetto però, non tocca solo le corde della ricerca dell’ecosostenibilità e della conservazione dell’aspetto naturale di questo luogo. E’ anche un momento di sperimentazione culturale, quasi un incrocio di soggetti, tutti impegnati a calpestare questa terra che magicamente diventa palcoscenico, su cui natura e cultura intersecano i loro rami e dove, i Tu’rat diventano prospettiva di una nuova visione. Purtroppo la costruzione del progetto non è stata sempre rose e fiori. Paradossali intoppi burocratici, piuttosto che regolamenti arzigogolati hanno minato la pazienza di Mino e Piero e allungato i tempi di realizzazione della struttura. Ma a dispetto di tutto e di tutti, oggi, l’orto dei Tu’rat è una delle realtà più innovative ed ecosostenibili in Italia e forse in Europa. Credetemi l’Orto dei Tu’rat merita una visita, come meritano una conoscenza Mino e Piero simboli di quell’Italia proiettata verso quel futuro che tutti vorremmo, ma che ancora pochi contribuiscono ad edificare.

Buon viaggio
@kkkmarano


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