Vota Antonio, vota Antonio.


Ci siamo quasi, il 4 marzo si vota.
E la campagna elettorale com’è stata? Forse la prima dove i social l’hanno fatto da padrone o quasi. Poca carta, pochi giornali, pochi santini (finalmente!). Tutto sui social. Al di là dei messaggi, al di là dei programmi, l’importante è stato condividere e prendere like. Il resto poco conta, meglio; non conta niente. Hashtag in mano a scriteriati e improvvisati SME al lazo di piccoli politici con grandi aspirazioni,  che comunicano anche quando vanno al cesso con un #. Ho visto di tutto e forse il peggio mi è pur sfuggito, ma come sempre c’è qualcosa che si è eleva da questa patina fangosa, un bagliore, una cannonata, un terremoto che scuote, che fa riflettere e soprattutto sorridere.
La causa di tutto questo ha un nome: Gianluca Vassallo, fotografo campano con i piedi da tempo piantati stabilmente in quella che ritengo l’isola più affascinante tra tutte quelle che ho visitato: La Sardegna. 
Gianluca ha deciso di partecipare a modo suo a questa tornata elettorale e ci è riuscito benissimo. Spezzando gli schemi, stravolgendo gli equilibri e proponendo la bellezza, cosa non proprio avvezza a qualsiasi campagna elettorale, specie nel bel paese. Ha messo al centro della comunicazione l’arte, quella vera, quella profonda, quella che strizza l’occhio alle nefandezze per trasformarle in meraviglie, quella che ti rapisce lo sguardo e ti fa riflettere su quello che ti accade intorno e che forse, sempre più spesso, non ne siamo rapiti, perché disattenti spettatori circuiti da nuovi stereotipi creati ad hoc. Gianluca Vassallo ha ritratto artisticamente i volti di dieci stranieri prestati alla causa, con le loro storie di migranti attraverso fame, guerra e crudeltà di ogni genere. E poi la nuova vita, la difficile quotidianità di resistere e ricominciare, attraverso la loro dignità, la volontà di integrarsi, l’esigenza di rinascere. I manifesti affissi per le vie di Cagliari portano in calce la frase “vota per me” che, come sottolinea Gianluca “è un progetto di guerrilla art che, attraverso le facce e le storie dei migranti, cerca di riportare al centro del dibattito pubblico la verità delle vite, la dignità degli individui, il senso profondo della convivenza, con l'intenzione dichiarata di spostare l'asse dialettico verso la complessità dei fenomeni migratori, ovvero la sede culturale in cui il discorso politico dovrebbe svolgersi”. "Con Vota per me", continua  il fotografo, " Il progetto cerca questo risultato attraverso una pratica propria della politica, la propaganda elettorale, e lo fa per mezzo degli spazi per la pubblica affissione, disertati nella campagna elettorale in corso dai partiti di ogni orientamento, spazi che diventano, così, metafore. Metafora del lavoro di raccolta nei campi, del lavoro operaio, dell'assistenza agli anziani, metafora della fame di futuro, della capacità di rinuncia per un fine più alto, metafora della memoria dell'oppressione individuale e collettiva, del desiderio di comunità, metafora, insomma, di tutti quei luoghi  produttivi e di senso che l'Italia, mia e vostra, la stessa che urla alla crisi economica e morale, ha deciso di disertare e ai quali, i nuovi arrivati, hanno garantito continuità spesso a condizioni salariali e umane che nessuno di noi accetterebbe per se stesso".

La campagna ha un carattere de-strumentalizzato, non sfocia nella polemica o nella contrapposizione, attraversa l’immagine quotidiana per confluire nell’arte della comunicazione. I manifesti affissi per le vie del centro seguono quest’idea di non contrapposizione, non sovrapponendosi a quelli degli altri candidati o partiti, rimanendo lì, appesi all’utopia di una vita senza pregiudizi, fino al momento in cui qualcuno deciderà di coprirli con i suoi, con i suoi proclami, i suoi slogan, i suoi hashtag. Così, al vento, nel vuoto di una campagna elettorale della quale forse, non abbiamo visto ancora il peggio.
"Vota Antonio, vota Antonio" (cit. A. De Curtis)
 @kkkmarano

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