Green Fathers.
Percorrere strade
alternative, costruire nuovi itinerari, muoversi attraverso l’eco sostenibilità
del turismo e non fermarsi solo davanti al classico panorama o al monumento
storico, ma vivere a pieno il territorio, consapevoli che attraversarlo,
guardarci dentro, riserva sempre molte sorprese. Nel blog abbiamo sempre
cercato di tracciare percorsi inusuali, che rispondessero a tale filosofia, che
interagissero totalmente con i luoghi da visitare, per conoscere a fondo tutto
di essi.
Abbiamo provato a farlo con
“Coast to Coast”, con “ViaggiaTorri”, ma anche con i suggerimenti dei nostri
lettori, con “Salentu” e “Don’t forget Corazzo”. Sicuramente sono tra gli
esempi della filosofia che fin dal primo post ci guida e che è, per noi, la
strada maestra, il nostro leitmotiv, per proporre la vera alternativa.
Il Canforo di Capodimonte (NA) |
Quella che qui vogliamo
proporre è una visione di itinerario ripensato guardando dentro di esso,
esaltando l’architettura ambientale che madre natura ci ha regalato e che è, a
sua volta, custode di storie e tradizioni del passato… una visione “a latere”
di un viaggio, una piccola divagazione che può stuzzicare o completare la fame
di curiosità di eco viaggiatori che amino habitat naturali. Ecco che inserire
nell’itinerario la visita di alberi monumentali può essere quel tassello che
completa questo puzzle.
Si tratta in maggioranza di
alberi maestosi che, insieme alla loro grandezza, età e bellezza, sono
affidatari anche di storie che affondano le proprie radici nella notte dei
tempi. Se siete nel napoletano, il primo approccio con queste piante è
sicuramente il Canforo di Capodimonte, ubicato nel bosco omonimo, ieri riserva
di caccia dei Borboni, oggi oasi nella megalopoli napoletana. Diciassette metri
di altezza per sette di circonferenza si trova a ridosso della Reggia, nel
giardino della Casina dei Principi, ristrutturata nei primi anni novanta.
La Quercia Vallonea di Tricase (LE) |
Proseguendo il vostro viaggio
a sud-est, nel Salento, uno di questi maestosi giganti verdi è certamente la
“Quercia vallonea dei Cento Cavalieri” di Tricase (LE), con i suoi trentacinque
metri di larghezza della chioma che, secondo leggenda, fece da riparo a
Federico II e i suoi cento cavalieri di scorta, anche se la sua età è stimata
in circa seicento anni e quindi non legata a quel contesto. La quercia vallonea
è anche uno dei rari esemplari di questa specie, trovandosi, in Italia, solo in
Basilicata e Puglia.
Il Pino loricato del Pollino |
Immancabile, in questa
sequenza, il famoso, “ei fu”, Pino loricato della Grande Porta nel Parco
Nazionale del Pollino, nel territorio di Terranova (PZ). Eternato da milioni di
fotografie e cartoline in giro per il mondo, oggi non esiste più, bruciato,
negli anni novanta, dall’ignoranza degli uomini, ormai solo icona del parco con
la sua caratteristica chioma modellata dal vento. Fortunatamente esistono,
protetti, esemplari “fratelli”.
I Giganti della Sila |
Un altro parco, più a sud, è
custode dei “Giganti della Sila”, bosco di pini tipici del territorio silano
che solleticano l’azzurro del cielo con gli oltre trentacinque metri di
altezza.
Il “Castagno dei Cento
Cavalli” a Sant’Alfio (CT) alle pendici dell’Etna è invece, probabilmente,
l’albero più vecchi: il colosso potrebbe avere
più di tremila anni. Ha una circonferenza di cinquantadue metri, data
dall’unione dei suoi tre fusti e l’altezza supera i venti. Anche questo albero
è evocato nella storia come parafulmine per Giovanna D’Aragona, riparatasi con
i suoi cento cavalieri, durante una tremenda tempesta. Anche qui, sempre a
inizio degli anni novanta, qualche demente ha dato fuoco all’interno di un
incavo del tronco, creando non pochi danni.
Il Castagno di Sant'Alfio (CT) |
Attraversando il tratto del
mar Tirreno che divide la
Sicilia dalla Sardegna e approdando sulla terraferma della
seconda isola più grande d’Italia, nella foresta demaniale Montes, si trova uno
degli esemplari più inverosimili, per la bizzarria della sua estensione
radicale.
È il caso del leccio di Badde
Tureddu, nel cuore del Supramonte di Orgosolo (NU): sei metri di circonferenza
e dodici di altezza, sorge su un grande masso squadrato di calcare, adagiato su
un torrente come un gigante che si abbevera tra le abbondanti fioriture di rose
peonie.
La sua forza è fuori dall’immaginario
e dalla ignoranza degli uomini. Ha resistito ad incendi dolosi e le sue radici hanno
letteralmente spaccato il masso su cui è cresciuto.
Quelli
citati sono sicuramente parte degli alberi che vegetano nella nostra penisola e
possono essere l’idea per il completamento di una visita e lo studio di questi
antichi patriarchi, un gioioso excursus per un’allegra scolaresca o una essenziale
tappa per turisti eco sostenibili.
Un
itinerario inatteso…oltre i luoghi comuni.
Buon
viaggio
KKK
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