Il Cilento "resiliente".


C’è un posto nel Cilento, dove lo sviluppo e l’innovazione (non solo tecnologica) corrono spediti sui binari della resilienza. A Morigerati (SA), un gruppo di giovani ha deciso di percorrere la strada a ritroso per andare verso il futuro. E’ un futuro che sa molto di appartenenza, di rigenerazione, di ripensamento di modelli sociali ed economici ritenuti arcaici, ma che cominciano a riscuotere crediti ed interessi anche al di fuori degli italici confini. Tutto in controcorrente rispetto al Banfield pensiero, che ha definito, con i suoi studi, come sia stata fallimentare l’aggregazione e il legame familiare, intesi come mezzo di sviluppo rurale di questi territori. Il “Familismo Amorale” è stato la pietra miliare per spiegare l’arretratezza del paese a sud di Roma, ne è stata, quasi, una tara culturale caratterizzante. Forse per l'incapacità di questi uomini di perseguire il bene collettivo e per la concezione di tracciare un percorso condiviso. Ma Antonio Pellegrino, Dario Marino e tutti i ragazzi di  "Terre di Resilienza" hanno ripensato ad una visione innovativa della società rurale, ripensato ad un nuovo modello economico, ripensato ad un diverso format di offerta turistica, strutturato anche per smentire quel modello ritenuto fallimentare da Banfield. 

Ma cos’è la resilienza, che significato ha questa parola dal suono metallico? E soprattutto, come dobbiamo interpretarla e fonderla con lo sviluppo dei nostri territori?  Antonio, come Dario e gli altri ragazzi della cooperativa sociale, li potremmo definire i classici “cervelli di ritorno”, persone con background culturali importanti che hanno deciso di percorrere al contrario la via del lavoro. Non in città frenetiche ed evolute, non in aziende o istituzioni di rilevanza nazionale, non in mega-uffici con stuoli di collaboratori, ma rivisitando l’economia territoriale, lo sviluppo sostenibile, il riuso generazionale. Ecco che la discussione con Antonio squarcia la coltre nebulosa su un significato poco approfondito di una parola ultimamente diventata quasi cult, della quale non si conosce assolutamente il valore umano: resilienza. Capacità di resistere, di sopportare forze fisiche di straordinaria portata, proprio come quella di questi ragazzi che hanno deciso di rivedere le loro certezze, con tutti gli elementi contrari che inevitabilmente nascono quando si intraprendono imprese del genere. Loro immaginano visioni per costruire futuro, un futuro nuovo. Un futuro di agricoltura sostenibile, di un ecoturismo che dà e allo stesso tempo riceve, nella verità in tutta la sua ampiezza, nel bene e nel male. E’ l’agricoltura il fulcro di queste visioni, una pratica che diventa il collante di un’aggregazione sociale, la differenziazione di offerta turistica, la promozione esperienziale che diventa scoperta della cultura contadina.

<Ecoturismo che rivoluziona il senso stesso della vacanza, la distanza che bisogna percorrere, l’alloggio ed il comportamento rispetto al viaggio. Percorsi a piedi in compagnia di asini, lungo antiche strade, mulattiere, carovaniere in disuso, scoprendo paesi, tradizioni e sapori. Incontrando la storia, la manualità, la pastorizia, gli odori, le erbe selvatiche, le periferie rurali di una civiltà contadina millenaria in queste meravigliose montagne del Parco del Cilento. Viaggi lenti e silenti che stimolano uno stile di vita che impone il rispetto per la natura e la cultura del territorio: sentieri che tentano di accedere nell’intimo soggettivo del percorso esistenziale di ognuno. Camminare è una percezione del territorio che è aliena dal turismo convenzionale, al viaggiatore che cammina non si può celare nulla: la bellezza e gli scempi di un luogo, il carattere degli indigeni al di là di ogni edulcorazione. La resilienza ripudia l’appellativo di turista ed invita a praticare il valore della reciprocità dell’esperienza: il viaggiatore è parte attiva di sentieri ideali e reali, delle trasformazioni del territorio, non sono mai identici a se stessi. E’ per la stessa ragione che non puoi andare via dal Cilento senza aver dato e ricevuto qualcosa. Qui non si cercano turisti, ma ambasciatori di luoghi lontani per la nostra terra.(D.Marino)> Ma per quanto io ne possa parlare, la resilienza non ha l’etimologia spiegabile, deve essere vissuta, toccata, goduta. Se volete fare una vacanza, provate a ripensarla, ripercorrete la strada al contrario, le porte di Morigerati e delle Terre di Resilienza sono aperte sul futuro.

Buon viaggio
@kkkmarano

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