EstArte a Squillace.


Opera di Mauro Staccioli

La Calabria è terra ricca di sorprese, dove tutto si mescola. Trovi la bellezza del paesaggio accanto ai segni del degrado, l’antichità classica che si fonde con il presente. E può anche capitare, passeggiando tra le piante di un uliveto secolare, di vedere spuntare dal terreno misteriose sagome dalle sembianze umane, silenziose statue di ferro che accompagnano il percorso dell’ignaro viaggiatore. O di ascoltare musiche suggestive che arrivano da chissà dove e si diffondono tra le rovine di un’antica civiltà. E’ quello che può succedere a chi decide di visitare il Parco Archeologico Scolacium, nel comune di Roccelletta di Borgia, poco distante da Squillace, la cittadina del catanzarese che dà il nome al Parco. Proprio il Parco è teatro naturale, soprattutto d’estate, di manifestazioni ed eventi artistici di grande fascino e richiamo.
Le statue di ferro, per esempio, sono opera di uno dei più conosciuti scultori inglesi viventi, Antony Gormley, che a Scolacium ha portato le sue installazioni artistiche qualche anno fa. La mostra si chiamava “Intersezioni”, ed è stato grazie a quelle sagome misteriose che anch’io, calabrese trapiantata a Roma, ho scoperto la storia di Squillace. Che ha origini antichissime: nasce come colonia greca nel V secolo a.C. col nome di Skyllation, e la leggenda vuole che sia stata fondata addirittura da Ulisse. Del porto di Squillace parla Virgilio nell’Eneide, e Squillace è la patria di Cassiodoro, figura politica, letteraria e spirituale di grande importanza alla corte del re dei Goti Teodorico. La colonia della Magna Grecia poi diventa colonia romana col nome di Scolacium, e i resti del Foro, dell’Anfiteatro romano e di tutta una serie di reperti archeologici sono proprio lì, all’interno dell’area del Parco, a testimoniare il passato della Squillace moderna. Altra scoperta per me è stata la grande varietà di ceramiche artistiche che si trovano a Squillace. 

Eredità, evidentemente, della civiltà greca, passata poi per i Bizantini e i Normanni. Il risultato è una ricchezza di colori e decorazioni particolarissime, e per rendersene conto basta fare un giro per le botteghe d’arte in città. Dove ho scoperto che le opere dei ceramisti di Squillace sono conservate in vari musei italiani (da Capodimonte a Roma a Faenza) ma anche in giro per il mondo (Londra, Parigi, New York).
Ma quello che più di tutto mi ha incantato di Squillace è il panorama. Perché Squillace, o meglio la sua Marina, si affaccia su quel golfo spettacolare, il Golfo di Squillace, che sembra ritagliato nel profilo della regione. Il mare è lo Ionio, cioè la costa est della Calabria, e dal lato opposto, quasi perfettamente simmetrico, c’è il Golfo di Sant’Eufemia, che affaccia sull’altro mare di Calabria, il Tirreno. Quella tra i due Golfi è la distanza più breve da est a ovest in Calabria, è il famoso Istmo di Catanzaro, ed è anche la striscia di terra più stretta d’Italia, solo 30 km da un mare all’altro. 
E credo che proprio questa distanza brevissima tra due sponde, due mondi, due civiltà, Oriente e Occidente, rappresenti bene le influenze culturali e storiche che sono sovrapposte nel tempo in Calabria. Calabria terra di invasioni e contaminazioni: è questo che continua ad affascinare chi ci vive e chi guarda alla Calabria da lontano, e prova un po’ a conoscerla. L’estate è il periodo migliore per farlo.
Il Parco Archeologico di Scolacium


A Squillace-Scolacium, per esempio, quest’estate succedono un sacco di cose:


Laura M. (Roma)

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